Gaetano Paci

Gaetano Paci è sostituto procuratore della Procura di Palermo e da molti anni ormai segue delicate indagini di mafia che hanno portato all'arresto di numerosi esponenti delle famiglie mafiose. Con il suo lavoro sta cercando di far luce su diverse vicende oscure, una tra tutte l'omicidio Rostagno.

Il 28 febbraio 2005 nasce la Fondazione Progetto Legalità in memoria di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime della mafia. Paci ne diventa il Presidente. Da allora la Fondazione supporta le scuole offrendo loro gratuitamente metodologie, percorsi, materiali per fare educazione alla cittadinanza, alla Legalità, alla convivenza civile.
Il Progetto ha sinora coinvolto oltre 4.000 classi di tutta Italia in percorsi di educazione alla legalità, aperti, a partire dall'a.s. 2003-2004 anche alle scuole carcerarie.

Dal 2008 è nato il progetto che prevede l'organizzazione di viaggi d'istruzione in collaborazione con le cooperative sociali che lavorano e producono nei terreni confiscati alla mafia per rendere consapevoli gli studenti di alcuni aspetti fondamentali:

-il lavoro vero e proprio che rende produttivo un bene confiscato

-il lavoro onesto che toglie manodopera alla mafia

-il lavoro sociale che include nel processo produttivo anche persone a rischio marginalità sociale (come i disabili, tossicodipendenti, etc.)

-il lavoro responsabile, frutto di impegno individuale e collettivo, con ricadute sulla comunità e il territorio di riferimento.

Pio La Torre

Nacque nella frazione di Baida del comune di Palermo in una famiglia di contadini molto povera.[1] Sin da giovane si impegnò nella lotta a favore dei braccianti, prima nella Confederterra, poi nella Cgil (come segretario regionale della Sicilia) e, infine, aderendo al Partito comunista italiano.

Nel 1960 entrò nel Comitato centrale del PCI e, nel 1962 fu eletto segretario regionale, succedendo a Emanuele Macaluso. Nel 1969 si trasferì a Roma per dirigere prima la direzione della Commissione agraria e poi di quella meridionale. Messosi in luce per le sue doti politiche, Enrico Berlinguer lo fece entrare nella Segreteria nazionale di Botteghe Oscure. Nel 1972 venne eletto deputato, e subito in Parlamento si occupa di agricoltura.[2] Propose una legge che introduceva il reato di associazione mafiosa (Legge Rognoni-La Torre [3]) ed una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi (scopo poi raggiunto dall'associazione Libera, che raccolse un milione di firme al fine di presentare una proposta di legge, che si concretizzò poi nella legge 109/96).

Nel 1981 decise di tornare in Sicilia per assumere la carica di segretario regionale del partito. Svolse la sua maggiore battaglia contro la costruzione della base missilistica NATO a Comiso che, secondo La Torre, rappresentava una minaccia per la pace nel Mar Mediterraneo e per la stessa Sicilia; per questo raccolse un milione di firme in calce ad una petizione al Governo. Ma le sue iniziative erano rivolte anche alla lotta contro la speculazione edilizia.

Alle 9:20 del 30 aprile 1982, con una Fiat 132 guidata da Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava raggiungendo la sede del partito.[1] Quando la macchina si trovò in una strada stretta una moto di grossa cilindrata obbligò Di Salvo, che guidava, ad uno stop, immediatamente seguito da raffiche di proiettili.[1] Da un'auto scesero altri killer a completare il duplice omicidio.[1] Pio La Torre morì all'istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere.[1]

Al funerale presero parte centomila persone tra cui Enrico Berlinguer, il quale fece un discorso.
Poco dopo l'omicidio fu rivendicato dai Gruppi proletari organizzati. Dopo nove anni di indagini, nel 1991, i giudici del tribunale di Palermo chiusero l'istruttoria rinviando a giudizio nove boss mafiosi aderenti alla Cupola mafiosa di Cosa Nostra. Per quanto riguarda il movente si fecero varie ipotesi, ma nessuna di queste ottenne riscontri effettivi. Nel 1992, un mafioso pentito, Leonardo Messina, rivelò che Pio La Torre fu ucciso su ordine di Totò Riina, capo dei corleonesi, a causa della sua proposta di legge riguardante i patrimoni dei mafiosi.

I.M.D.

I.M.D.

nato a Palermo nel 1973, è laureato in Scienze politiche. Attualmente è sovrintendente della polizia di Stato, fa parte dei quadri direttivi del S.I.A.P. e lavora alla sezione Catturandi della Squadra mobile di Palermo.
Ha fatto parte del gruppo che ha arrestato latitanti del calibro di Giovanni Brusca, Pietro Aglieri, Carlo Greco, Vito Vitale e Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
Ha partecipato alle più importanti indagini antimafia, come quella che ha portato alla cattura del boss Bernardo Provenzano.

Don Luigi Ciotti

Nasce il 10 settembre 1945 a Pieve di Cadore (BL), emigra con la famiglia a Torino nel 1950.

Nel 1966 promuove un gruppo di impegno giovanile, che prenderà in seguito il nome di Gruppo Abele, costituendosi in Associazione di volontariato e intervenendo su numerose realtà segnate dall’emarginazione. Fin dall’inizio, caratteristica peculiare del gruppo è l’intreccio dell’impegno nell’accompagnare e accogliere le persone in difficoltà con l’azione educativa, la dimensione sociale e politica, la proposta culturale.
Nel 1968 comincia un intervento all’interno degli istituti di pena minorili: l’esperienza si articola in seguito all’esterno, sul territorio, attraverso la costituzione delle prime comunità per adolescenti alternative al carcere.

Terminati gli studi presso il seminario di Rivoli (TO), Ciotti nel 1972 viene ordinato sacerdote dal cardinale Michele Pellegrino: come parrocchia, gli viene affidata "la strada". Sulla quale, in quegli anni, affronta l’irruzione improvvisa e diffusa della droga: apre un Centro di accoglienza e ascolto e, nel 1974, la prima comunità. Partecipa attivamente al dibattito e ai lavori che portano all’entrata in vigore, nel 1975, della legge n. 685 sulle tossicodipendenze.

Da allora, la sua opera sul terreno della prevenzione e del recupero rispetto alle tossicodipendenze e dell’alcolismo non si è mai interrotta. È invitato in vari Paesi (Gran Bretagna, USA, Giappone, Svizzera, Spagna, Grecia, ex Jugoslavia) per tenere relazioni e condurre seminari sul tema ed è chiamato per audizioni presso il Parlamento europeo.
Nei primi anni Ottanta segue un progetto promosso dall’Unione internazionale per l’infanzia in Vietnam. Sempre sul piano internazionale, promuove programmi di cooperazione sul disagio giovanile e per gli ex detenuti in alcuni Paesi in via di sviluppo.

Nel 1982, contribuisce alla costituzione del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (CNCA), presiedendolo per dieci anni: al coordinamento, oggi, aderiscono oltre 200 gruppi, comunità e associazioni.

Nel 1986 partecipa alla fondazione della Lega italiana per la lotta all’AIDS (LILA), nata per difendere i diritti delle persone sieropositive, di cui è il primo presidente.

Nel marzo 1991 è nominato Garante alla Conferenza mondiale sull’AIDS di Firenze, alla quale per la prima volta riescono a partecipare le associazioni e le organizzazioni non governative impegnate nell’aiuto e nel sostegno ai malati.

Nel marzo 1995 presiede a Firenze la IV Conferenza mondiale sulle politiche di riduzione del danno in materia di droghe, tra i cui promotori vi è il Gruppo Abele.

Nel corso degli anni Novanta intensifica l’opera di denuncia e di contrasto al potere mafioso dando vita al periodico mensile "Narcomafie", di cui è direttore responsabile. A coronamento di questo impegno, dalle sinergie tra diverse realtà di volontariato e di un costante lavoro di rete, nasce nel 1995 "Libera-Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", un network che coordina oggi nell’impegno antimafia oltre 700 associazioni e gruppi sia locali che nazionali. Sin dalla fondazione, "Libera" è presieduta da Luigi Ciotti.

Il 1 luglio 1998 riceve all’Università di Bologna la laurea honoris causa in Scienze dell’educazione; Ciotti accoglie il conferimento del titolo accademico come un riconoscimento significativo dell’opera di tutto il Gruppo Abele.

Alle attività del Gruppo Abele, di cui Ciotti è tuttora presidente, attendono oltre trecentocinquanta persone che si occupano di: accoglienza, articolata in due servizi di pronto intervento a Torino; in otto comunità che ospitano persone con problemi di tossicodipendenza, di alcolismo o malate di AIDS; in un servizio di accoglienza notturno per persone senza fissa dimora. Il gruppo Abele ha anche promosso e gestito l’esperienza di una "Unità di strada" a Torino, la seconda attivata in Italia.

Lavori di tipo artigianale, informatico, agricolo, condotti attraverso la costituzione di cooperative sociali e di uno specifico progetto Carcere e Lavoro. Interventi di cooperazione internazionale in Costa d’Avorio, Guatemala, Messico. Iniziative culturali, informative, educative, di prevenzione e formazione, che si svolgono attraverso l’Università della Strada, l’Università Internazionale della Strada il Centro Studi, documentazione e ricerche, l’Ufficio Stampa e comunicazione, la casa editrice EGA, la libreria Torre di Abele, le riviste Animazione sociale e Narcomafie, l’Ufficio Scuola.

Luigi Ciotti è stato più volte membro del Consiglio Presbiteriale ed è attualmente membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di Torino. Da alcuni anni tiene corsi di formazione presso la Scuola per vigili urbani di Torino e provincia. Nei primi anni Ottanta è stato docente presso la Scuola superiore di polizia del ministero dell’Interno.

Giornalista pubblicista dal 1988, Ciotti è editorialista e collabora con vari quotidiani e periodici (tra cui: La Stampa, l’Avvenire, l’Unità, il Manifesto, Il Sole-24 Ore, il Mattino, Famiglia Cristiana, Messaggero di Sant’Antonio, Nuovo Consumo), scrive su riviste specializzate per operatori sociali e insegnanti, interviene su testate locali.

Bottega "Libera"

E' nata il 25 marzo 1995 con l'intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. La legge sull'uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera. Libera è riconosciuta come associazione di promozione sociale dal Ministero della Solidarietà Sociale. Nel 2008 è stata inserita dall'Eurispes tra le eccellenze italiane.

Addio Pizzo

Addiopizzo è un movimento aperto, fluido, dinamico, che agisce dal basso e si fa portavoce di una “rivoluzione culturale” contro la mafia. È formato da tutte le donne e gli uomini, i ragazzi e le ragazze, i commercianti e i consumatori che si riconoscono nella frase "Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità".

Addiopizzo è anche un'associazione di volontariato espressamente apartitica e volutamente "monotematica", il cui campo d’azione specifico, all’interno di un più ampio fronte antimafia, è la promozione di un'economia virtuosa e libera dalla mafia attraverso lo strumento del “consumo critico Addiopizzo”. Il movimento nasce tra il 28 e il 29/06/2004. Un gruppo di studenti appena laureati, avevano in mente di aprire un Pub. Si confrontarono tra di loro con idee e domande ma decisero poi di lasciare in "stand-by" questo progetto. Tra i mille pensieri che affollavano la testa di uno dei ragazzi, sorse la questione del PIZZO. "E se venissero a chiedere il Pizzo?". Da quella sera, pensando e ripensando, nacque la frase "UN INTERO POPOLO CHE PAGA IL PIZZO E' UN POPOLO SENZA DIGNITA' ". Il gruppo di ragazzi lavorò su questa frase, stampandola su circa 5000 fogli di carta adesiva. Quella notte, si divisero in squadre e tapezzarono la città di adesivi.
Il 29 Giugno 2004, Palermo si svegliò con questa frase davanti gli occhi. Il giorno dopo tutti i Giornali e Telegiornali ne parlarono. Da lì nacque l'associazione ADDIOPIZZO.

Nino Agostino

La storia dell' agente di polizia, Nino Agostino, ucciso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini, insieme alla moglie Ida Castellucci, in cinta di cinque mesi di una bambina, è certamente una delle più drammatiche ed oscure vicende della storia di un' Italia retta, allora come adesso, da poteri deviati e da un' antistato che troppo spesso diviene Stato.
Sulla morte di Nino Agostino non è ancora stata fatta luce ed i suoi assassini, insieme ai mandanti, sono a tutt'oggi uomini liberi esattamente come qualsiasi altro onesto padre di famiglia. Sul fascicolo relativo alle indagini sul suo assassinio è stato apposto quello che non esitiamo a definire "il sigillo della vergogna" ovvero il Segreto di Stato.
Nino e Ida, quel giorno, si trovavano davanti alla villa di famiglia per partecipare al compleanno della sorella di Nino. Furono trivellati di colpi da due sicari in motocicletta sotto gli occhi dei genitori Vincenzo ed Augusta.
Suo padre, Vincenzo Agostino, un anziano uomo che ha percorso qualsiasi strada pur di ottenere giustizia da quello Stato per il quale suo figlio Nino ha consapevolmente sacrificato la vita, ha promesso di non tagliare più la propria barba bianca fino a che non otterrà quello che gli spetta; giustizia per suo figlio, per la sua famiglia, per la nuora Ida e per sua nipote mai nata.
Di recente, nel registro degli indagati in merito all'inchiesta sulla morte di Nino Agostino e della moglie Ida Castellucci, è stato iscritto Guido Paolilli, poliziotto in pensione, indagato per favoreggiamento aggravato e continuato a Cosa Nostra. Il collega e amico di Nino Agostino, che svolse le indagini immediatamente dopo la sua morte, fornì una pista che conduceva ad un "delitto passionale".
In Sicilia questa è quasi una tradizione che se non fosse perchè si tratta di omicidi verrebbe a buon diritto inserita negli alamnacchi di storia e cultura popolare; prima li ammazzano e poi li fanno passare per pazzi o puttanieri.
L' iscrizione nel registro degli indagati è scattata in seguito ad una conversazione intercettata a marzo nella sua casa di Montesilvano a Pescara. Paolilli ed ill figlio stavano ascoltando, su RAI UNO, Vincenzo Agostino, padre dell' agente, che in quel frangente citava le parole scritte su un biglietto trovato nel portafogli di Nino: "Se mi succede qualcosa andate a cercare nell’armadio di casa”. Il figlio di Paolilli, chiedendo al padre quale fosse il contenuto dell'armadio, si sentì rispondere: "Una freca di carte che ho distrutto". Sul conto di Paolilli anche Vincenzo Agostino ha rivelato elementi interessanti: "un giorno Guido Paolilli, che era amico di mio figlio, insistette per venire con noi al cimitero. Incalzato dalle nostre domande sulle indagini, disse che la scoperta della verità non avrebbe fatto piacere. Disse pure che avrebbe fatto il possibile per mostrarci sei fogli".
I sei fogli non sono mai stati mostrati alla famiglia Agostino ne ve ne è più traccia.
Paolilli ha dichiarato che i sei fogli vennero sequestrati durante la terza perquisizione nell'appartamento di Nino Agostino. Negli atti della Squadra Mobile risultano però solo due perquisizioni. Un' altra incongruenza di non poco conto nelle dichiarazioni di Paolilli è quella relativa alle mansioni svolte. Paolilli ha dichiarato di svolgere servizio presso il nucleo scorte ma diversi suoi colleghi hanno asserito, smentendolo, che l'indagato svolgeva attività antimafia.
Paolilli era persona di fiducia di Bruno Contrada ed ha testimoniato a sua difesa nel processo a suo carico. Si riferiva proprio a Paolilli l’agente Agostino quando disse ad un collega: "Sto collaborando con un amico per la cattura di latitanti?".
Ad oggi esiste un solo pentito che ha raccontato di questo omicidio, Oreste Pagano, il quale ha affermato: "Ero al matrimonio di Nicola Rizzuto, in Canada. C’era un rappresentante dei clan palermitani, Gaetano Scotto. Alfonso Caruana mi disse che aveva ucciso un poliziotto perché aveva scoperto i collegamenti fra le cosche ed alcuni componenti della questura. Anche la moglie sapeva, per questo morì".
I servizi segreti italiani hanno sempre negato che l'agente Agostino abbia svolto servizio presso il SISMI ma la recente riapertura delle indagini sarebbe giustificata dal ritrovamento di nuovi documenti nell'archivio della Squadra Mobile che attesterebbero l’attività di antimafia del poliziotto tra le fila dei servizi segreti. Inoltre, una nota riservata del 1993, a firma del capo del centro di controspionaggio di Palermo alla prima divisione Sismi di Roma, testimonia il grande interesse dei servizi nei confronti dell' operato dei giudici inquirenti sulla morte del poliziotto: "Centro controspionaggio di Palermo. Riservato. Oggetto: riapre l’indagine sul delitto Agostino. Data 5 marzo 1993. Secondo quanto è stato possibile apprendere il gip titolare dell’inchiesta sarebbe in possesso di due memoriali consegnati dai familiari dell’Agostino e del Piazza che avrebbero indotto il magistrato a riaprire i due casi, unificandoli. Nei memoriali di cui sopra, acquisiti dal gip, pare che siano contenute affermazioni di una certa gravità in merito al noto episodio del rinvenimento di un ordigno esplosivo nell’estate del 1989 presso la villa all’Addaura del dottor Falcone".

Mario Francese

Mario Francese (Siracusa, 6 febbraio 1925 – Palermo, 26 gennaio 1979) è stato un grande giornalista italiano, assassinato dalla mafia. Francese iniziò la carriera come telescriventista dell'ANSA, successivamente passò a giornalista e scrisse per il quotidiano "La Sicilia" di Catania. Di simpatie monarchiche, nel 1958 ...venne assunto all'ufficio stampa dell'assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana. Nel frattempo intraprese la collaborazione con "Il Giornale di Sicilia" di Palermo. Nel 1968 si licenziò dall'ufficio stampa per lavorare a pieno nel giornale, dove si occupò della cronaca giudiziaria entrando in contatto con gli scottanti temi del fenomeno mafioso. Divenuto giornalista professionista si occupò della strage di Ciaculli, del processo ai corleonesi del 1969 a Bari, dell'omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e fu l'unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella. Nelle sue inchieste entrò profondamente nella analisi dell'organizzazione mafiosa, delle sue spaccatture, delle famiglie e dei capi specie del corleonese legato a Luciano Liggio e Totò Riina. Fu un fervente sostenitore dell'ipotesi che quello di Cosimo Cristina fosse un assassinio di mafia. La sera del 26 gennaio 1979 venne assassinato a Palermo, davanti casa. Per l'assassinio sono stati condannati:Totò Riina, Leoluca Bagarella (che sarebbe stato l'esecutore materiale del delitto), Raffaele Ganci, Francesco Madonia, Michele Greco e Bernardo Provenzano. Le motivazioni della condanna nella sentenza d'appello furono: «Il movente dell' omicidio Francese è sicuramente ricollegabile allo straordinario impegno civile con cui la vittima aveva compiuto un'approfondita ricostruzione delle più complesse e rilevanti vicende di mafia degli anni '70».

ARS - Assemblea Regionale Siciliana

L'Assemblea regionale siciliana dal 1947 è l'organo legislativo della Regione siciliana, come previsto dal suo statuto speciale. In virtù del suo particolare stato legislativo e storico, è l'unica assemblea regionale all'interno dello stato italiano a fregiarsi del titolo di parlamento e i suoi componenti sono definiti deputati.

STORIA:

Il parlamento siciliano viene considerato uno dei più antichi del mondo (assieme a quello islandese e faroese): nel 1097 ci fu la prima assise a Mazara del Vallo convocata da Ruggero I di Sicilia, di un parlamento inizialmente itinerante. Il parlamento siciliano era costituito da tre "rami" ("feudale", "ecclesiastico" e "demaniale"). Il ramo feudale era costituito dai nobili rappresentanti di contee e baronie, il ramo ecclesiastico era formato da arcivescovi, vescovi, abati e archimandriti, mentre il ramo demaniale era costituito dai rappresentanti delle 42 città demaniali della Sicilia. Il primo parlamento normanno non era deliberativo, ed aveva solamente una funzione consultiva e di conferma dell'attività del sovrano, specialmente nella tassazione, nell'economia e nelle guerre. I deputati erano scelti fra i nobili più potenti.

Ma fu nel 1130 con al convocazione delle Curiae generales da parte di Ruggero II a Palermo, nel Palazzo dei Normanni con la proclamazione del Regno di Sicilia che si può parlare di primo parlamento in senso moderno. Primo cambiamento radicale si ebbe con Federico II di Svevia, che permise l'accesso parziale anche alla società civile.

 

Giuseppe Lo Bocchiaro

Giuseppe Lo Bocchiaro è nato il primo di marzo del ’75 sul tavolo del soggiorno di casa. Fin da piccolo è affascinato dal fantastico mondo dei fumetti e questo amore lo accompagna tuttora. Nel ’97 crea “Burp!”, una serie di strisce pubblicate in due albi autoprodotti in collaborazione con la libreria Altroquando di Palermo. Nel ’99 è selezionato per l’iniziativa “6864 ore al 2000” organizzata dalla Galleria Affiche. Nel 2000 vince, come miglior sceneggiatore, il premio “N.N. Nuvole Nuove – Montalbano a fumetti” (manifestazione a cura della Galleria Affiche). Nel 2003, in compagnia di un gruppo di persone “variamente assortito”, si piazza al secondo posto al premio “Ignazio Buttitta – Tra espressività e grafica” (anche questa manifestazione è a cura della Galleria Affiche). Attualmente, adottando come copertura l’identità di architetto, si aggira nottetempo attorno al tavolo da disegno per tenere fede all’antica passione dell’arte sequenziale.

Mauro Rostagno

Mauro Rostagno nasce a Torino nel 1942, i suoi genitori sono dipendenti presso la FIAT. Prima dell’esperienza universitaria viaggia molto: lavora in Germania, Inghilterra, manifesta in Spagna contro il regime franchista, si reca in Francia, dove subisce un provvedimento di espulsione. Tornato in Italia si trasferisce a Trento. Dopo le annate di dibattiti e manifestazioni studentesche, e dopo una serie di 30 e lode conseguiti agli esami universitari, decide di far contenta la madre e completare gli studi: nel 1973 si laurea in sociologia, la sua tesi è  improntata sulla giustizia sociale da perseguire mediante un radicale sovvertimento della società e delle istituzioni, compresa la stessa università, e viene discussa in un’aula affollatissima, in un clima singolare e surreale. In quegli stessi anni Mauro Rostagno fonda (assieme ad Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani, Guido Viale, Marco Boato) Lotta Continua, movimento politico votato all’ideologia comunista, a favore del “potere operaio”.
Nel 1976, dopo lo scioglimento di Lotta Continua, Mauro si fa promotore dell’apertura a Milano del Macondo, un circolo culturale in cui confluivano svariate attività di rilevanza artistica, culturale e sociale, in assoluto uno dei primi centri sociali inaugurati in Italia. Dopo l’esperienza del Macondo Rostagno si reca in India, dove intraprende un percorso di crescita spirituale presso la comunità degli “arancioni” di Osho. Rientrato in Italia si trasferisce in Sicilia, in provincia di Trapani fonda il centro Saman, un luogo di aggregazione sorto con l’intento di divulgare gli insegnamenti appresi in India, ma che col tempo verrà trasformato in un centro di accoglienza e recupero di tossicodipendenti, tra i primi centri d’Italia, ennesima straordinaria dimostrazione della sua capacità pionieristica di rapportarsi con la contemporaneità.
Il 26 settembre del 1988 Mauro Rostagno viene ucciso in un efferato agguato architettato dai “poteri forti”, ovvero da una rete di personaggi molto influenti, che collega mafia, massoneria, p2, gladio, servizi segreti “deviati” ed esercito italiano. Proprio questi intrecci sono stati portati alla luce da Rostagno, il quale non ha mai avuto alcuna esitazione nel denunciare apertamente malaffari e soprusi, con nomi e cognomi, dai microfoni di RTC, un’emittente locale siciliana, per la quale Mauro collabora in qualità di caporedattore del telegiornale.

I suoi interventi in diretta televisiva hanno letteralmente fatto storia, alcuni stralci sono visibili in internet e tutt’oggi sono visionatissimi dagli utenti della rete. Ciò che Mauro Rostagno era riuscito a scoprire va ben oltre gli ambiti territoriali e i riferimenti temporali nei quali ha vissuto, indagato e agito all’epoca dei fatti, poiché si interseca con altri torbidi “casi irrisolti” nostrani, come quelli riguardanti l’uccisione della giornalista Ilaria Alpi o la tragedia del Moby Prince. Per questo motivo il ricordo di Rostagno non è scindibile dalla storia recente del nostro paese, per lo stesso motivo il ricordo di un uomo, audace e tenace come pochi, andrebbe sempre mantenuto vivo e trasmesso alle future generazioni. Ancora oggi, dopo ripetute indagini, ripetuti processi, ripetuti depistaggi, ripetuti complottismi, ripetuta “ripetitività” puramente italiana, non è stata pienamente appurata la verità, tant’è che soltanto nel 2009 è stato emesso un mandato di custodia cautelare in carcere nei confronti del boss di “cosa nostra” Vincenzo Virga, ritenuto il principale responsabile di questo barbaro delitto.

Vincenzo Consolo

Nasce a Sant'Agata di Militello, nel 1933.
E' stato uno
scrittore e saggista italiano. È considerato uno tra i maggiori narratori italiani contemporanei. È un autore sui generis perché non scrive veri e propri romanzi, convinto com'è che "non si possono scrivere romanzi perché ingannano il lettore", ma predilige una narrazione orientata verso la poesia.
Terminate le scuole superiori, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università Cattolica di Milano, ma si laureerà, con una tesi in filosofia del diritto, all'Università di Messina.
Concluso il ciclo di studi universitari, fa ritorno in Sicilia, dove si dedica all'insegnamento nelle scuole agrarie. Nel 1963 esordisce con il suo primo romanzo, La ferita dell'aprile, sguardo sulla vita di un paese siciliano tormentato dalle lotte politiche dei primi anni del dopoguerra. I suoi riferimenti umani e letterari, in quella stagione, sono lo scrittore Leonardo Sciascia (che con la sua opera resterà stella polare lungo tutto il corso della carriera letteraria di Consolo) e il poeta Lucio Piccolo.
Nel 1968, avendo vinto un concorso alla Rai, si trasferisce a Milano, dove vivrà e lavorerà fino alla sua morte, svolgendo un'intensa attività giornalistica ed editoriale, e alternando alla vita milanese lunghi soggiorni nel paese d'origine.
I suoi romanzi e racconti sono contraddistinti da un approccio alla narrazione di grande suggestione visionaria e - insieme - dall’uso di una lingua colta e popolare, al tempo stesso. Fra i suoi romanzi, segnaliamo La ferita dell’aprile (1963), Il sorriso dell’ignoto marinaio (1976), che forse resta la sua opera più celebre, poi Retablo (1987, premio Grinzane), Le pietre di Pantalica (1988), Nottetempo, casa per casa (1992, premio Strega), L’olivo e l’olivastro (1994),  Lo spasimo di Palermo (1998). Nel 1985 esce Lunaria (1985), dialogo fiabesco di sapore leopardiano. Consolo ha scritto anche per il teatro (Catarsi, 1989) ed è stato autore di saggi dedicati alla sua terra, la Sicilia: La pesca del tonno in Sicilia (1986), Il Barocco in Sicilia (1991), Vedute dallo stretto di Messina  (1993).

Francesca Morvillo

Francesca Laura Morvillo (Palermo, 14 dicembre 1945 – Palermo, 23 maggio 1992) è stata un magistrato italiano.

Nata a Palermo il 14 dicembre 1945, il 26 giugno 1967 si laurea in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Palermo con una tesi dal titolo "Stato di diritto e misure di sicurezza" (rel. prof. Giovanni Musotto), riportando il massimo dei voti e la lode accademica. La qualità del risultato raggiunto le fa meritare il conferimento del premio "Giuseppe Maggiore" per la migliore tesi nelle discipline penalistiche per l'anno accademico 1966/1967.

Come il padre Guido, sostituto procuratore a Palermo e il fratello Alfredo poi, decide di entrare in magistratura. Nel corso della carriera ricopre le funzioni di giudice del tribunale di Agrigento, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, di Consigliere della Corte d'Appello di Palermo e di componente della Commissione per il concorso di accesso in magistratura.

Francesca Morvillo insegnò anche presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'ateneo palermitano, in quanto docente di materia giuridica nella Scuola di Specializzazione in Pediatria.

Nel 1979, dopo un primo matrimonio conclusosi con la separazione, Francesca Morvillo conobbe Giovanni Falcone, all'epoca giudice istruttore presso il tribunale di Palermo; si sposarono con una cerimonia civile nel maggio 1986.

Il 23 maggio 1992, intorno alle 18.00, sull'autostrada A29 Palermo-Trapani, nei pressi dello svincolo di Capaci, una carica di 500 chilogrammi di tritolo fa saltare in aria le tre macchine che accompagnavano Giovanni Falcone e sua moglie di ritorno da Roma. Francesca Morvillo, ancora viva dopo l'esplosione, viene trasportata prima all'ospedale Cervello e poi trasferita al Civico, nel reparto di neurochirurgia, dove però muore intorno alle 23 a causa della gravi lesioni interne riportate.

 

ONOREFICENZE

Medaglia d'oro al valor civile
    «Giovane Consigliere della Corte d'Appello di Palermo, consorte del giudice Giovanni Falcone, pur consapevole dei gravissimi pericoli cui era esposto il coniuge, gli rimaneva costantemente accanto sopportando gli stessi disagi e privazioni, sempre incoraggiandolo ed esortandolo nella dura lotta intrapresa contro la mafia. Coinvolta, insieme al Magistrato, in un vile e feroce agguato, sacrificava la propria esistenza vissuta coniugando ai forti sentimenti di affetto, stima e rispetto verso il marito, la dedizione ai più alti ideali di giustizia[1].»
— Capaci, 23 maggio 1992.

Leonardo Guarnotta

E’ stato giudice istruttore del pool di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e da oggi è il nuovo presidente del tribunale di Palermo. Si tratta di Leonardo Guarnotta, ora alla guida del tribunale di Termini Imerese. Guarnotta, che ha 62 anni ed è di Palermo, è stato nominato dal plenum del Csm a maggioranza; un “verdetto” che ha ribaltato l’orientamento della Commissione per gli incarichi direttivi, che aveva indicato come candidato di maggioranza Giuseppe Biagio Rizzo, presidente della sezione gip al tribunale di Palermo. Quindici i voti ottenuti da Guarnotta, che è stato sostenuto dai consiglieri del Movimento per la Giustizia, di Magistratura Democratica, di Magistratura Indipendente, oltre che dal vice presidente del Csm Nicola Mancino, dal Pg della Cassazione Vitaliano Esposito e da tre laici di sinistra. Nove invece le preferenze ottenute da Rizzo, che è stato appoggiato dai consiglieri di Unicost, dai laici del Pdl e dal primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone.

RAI - Auditorium Palermo

Cinque anni fa un pianoforte Bosendorfer a mezza coda,abbandonato, in uno studio di registrazione, ci ha dato lo spunto. Dal primo concerto per solo piano l'Auditorium di Viale Strasburgo ha ospitato circa duecentoquaranta incontri. In prevalenza musicali ma anche con autori, scrittori, registi, attori. Uno straordinario calendario apprezzato dal pubblico che ha affollato il nostro spazio gradendo l'accoglienza e il livello delle proposte culturali. Dopo una pausa, resa necessaria dai lavori di ristrutturazione, l'Auditorium riapre dotato di tecnologie all'avanguardia che consentiranno non solo di migliorare l'offerta ma anche di candidarsi per la realizzazione di trasmissioni radiofoniche nazionali e di registrazioni di qualità.

Viale Strasburgo, 19 90146 Palermo (PA).

Concetto Prestifilippo

Concetto Prestifilippo nasce a Piazza Armerina (Enna), nel 1961.
Svolge la professione di docente presso l'Istituto Tecnico Nautico "Gioeni - Trabia" di Palermo, e collabora con quotidiani e periodici. Vive e lavora a Palermo.

Valeria Grasso

Valeria Grasso è una donna sopra i quaranta anni, con tre figli piccoli ed una forza che le deriva probabilmente dal fatto di non riuscire a vedere un futuro per i propri figli.

E’ una bella donna Valeria, alta slanciata e coi capelli corti.

Chi non conosce Valeria potrà dire di tutto e di niente, la potrà apostrofare con gli aggettivi più disparati e con gli epiteti più assurdi.

 

Valeria Grasso è una imprenditrice di Palermo che lavora nel campo del fitness e gestisce due palestre, che ricadono proprio nel territorio controllato dalla famiglia di San Lorenzo, prima dalla famiglia Madonia e poi da quella dei Lo Piccolo.

Qualche tempo fa Valeria Grasso tornata da Catania dove viveva decide di prendere in affitto una palestra nel quartiere di San Lorenzo nel bel mezzo della Piana dei Colli, un tempo residenza di famiglie nobiliari di Palermo. I proprietari fanno parte della famiglia Madonia-Di Trapani, che Valeria non conosce e di cui non conosce  la storia.

Dopo aver preso possesso dei locali e dell’attrezzature della palestra comincia a lavorare. Tutto procede bene fino a quando comincia ad avere dei piccoli problemi dovuti a lavoretti da fare nella palestra.

Per le riparazioni, ecco che si fanno avanti gli angeli custodi, ossia coloro che hanno locato la palestra a Valeria, la famiglia dei Madonia, che guarda caso possedeva un appartamento proprio sopra la palestra e che propongono  a Valeria di abitarlo.

Sono veramente degli angeli nei comportamenti, si dimostrano disponibili fino al punto di sembrare veramente delle persone per bene. Sono talmente per bene che si occupano di estorsione, usura, appalti e tant’altro ancora, insomma il fior fiore delle attività illegali. Valeria va ad abitare in quella casa sopra la palestra e ci spende diversi denari per la ristrutturazione.

Di tanto in tanto la Palestra ha bisogno di alcune riparazioni che la famiglia Madonia compie, facendole pagare un occhio della testa fino al punto di perdere il conto.

Una sera di punto in bianco Valeria Grasso si è trova nelle condizioni di lasciare nel più breve tempo possibile l’abitazione che i Madonia-Di Trapani le avevano locato. La scusa è che doveva andare ad abitarci una figlia.

Di conseguenze Valeria si sobbarca altre spese per trovare un appartamento. Diversi giorni dopo viene messa al corrente del fatto che la palestra è stata sequestrata e che da quel momento in poi lei deve avere rapporti solo col tribunale per quanto riguarda il pagamento della locazione della palestra. E fin qui niente di strano, tutto normale si potrebbe dire, ma invece è proprio da questo momento che cominciano i guai per Valeria, che oltre a pagare un affitto al curatore dello stato continua  a pagare una pigione alla famiglia mafiosa dei Madonia-Di Trapani.

Quindi Valeria comincia ad avviarsi verso una catastrofe economica, non c’è la fa più, è avvilita, talmente avvilita che decide di vendere l’attività della palestra. Trova un acquirente giovane e questi le passa un acconto sul prezzo pattuito. Nel frattempo i vecchi proprietari le fanno sapere di comunicare all’acquirente che doveva continuare a versare anche lui la doppia pigione. Valeria non ci sta, non può andare a scaricare sulle spalle di quel giovane un peso cosi enorme, ed allora cosa fa? Decide di salvare quel giovane, restituisce l’acconto ricevuto e si reca dai carabinieri a denunciare il tutto. Vengono arrestati gli esattori materiali ed i mandanti che erano le famiglie Madonia-Di Trapani, che andando alla sbarra hanno avuto condanne per diverse decine di anni di galera.

Adesso la palestra del quartiere San Lorenzo è chiusa, malgrado sia nelle mani dello stato non riesce ad essere funzionante per problemi burocratici, per la ristrutturazione che non viene fatta ai danni procurati dalla famiglia mafiosa, dagli angeli custodi.

E come spesso succede soprattutto in Sicilia il denunciante, l’imprenditore che decide di ribellarsi al racket, spenti i riflettori, ritorna ad essere solo. Ma Valeria non si è persa d’animo, ha scritto a tutti è stata davanti alle telecamere per raccontare la sua storia, ha parlato con la commissione antimafia, ha contattato le varie associazioni antimafia che ci sono sul territorio le quali, passato il primo momento, hanno lasciato ancora più sola Valeria. Mesi fa Valeria, assieme ad Ignazio Cutro, altro imprenditore siciliano che si è ribellato al racket, è andata a Roma ad incatenarsi davanti al parlamento, ottenendo di essere ricevuta  dal ministro D’Urso.

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